L'UNITÀ IMPOSSIBILECarocci, 2008, pp. 245
Dalla metà degli anni Quaranta al suo debutto ufficiale come narratore (1955), Pier Paolo Pasolini lavorò ininterrottamente a diversi progetti in prosa, sperimentando contemporaneamente la forma diaristica, il racconto breve, l’elzeviro, l’opera cosmogonica e il romanzo autobiografico-sociale. Questa precoce ansia di verifica stilistica, che si associa ad una parallela attività poetica, saggistica e pittorica, è indicativa di uno scrittore che già allora, ai suoi esordi, mostrava di possedere una personalità inquieta ed eclettica, alla continua ricerca di un’identità intellettuale che non troverà mai una collocazione definitiva. Poeta, narratore, regista, autore teatrale, linguista, opinionista, la fisionomia di Pasolini sembra il risultato di un processo di accumulazione inarrestabile, dove la contraddizione, la passione, l’ideologia, l’urgenza di intervenire sulle grandi questioni del presente, non furono che le tante manifestazioni di una “vitalità disperata” e perennemente irrisolta. Fissando l’obiettivo sui primissimi esperimenti in prosa degli anni universitari bolognesi e friulani - per lo più apparsi postumi - fino al lento e complesso iter compositivo di Ragazzi di vita, e facendo ricorso a una metodologia multidisciplinare che tiene conto sia degli strumenti della filologia e dell’analisi testuale, sia dei più importanti risultati della critica, il presente volume intende contribuire a colmare una lacuna interpretativa che ancora interessa la produzione giovanile dello scrittore.